Crisi. Unimpresa, spread risale perché governo non vara riforme
“Le tensioni sugli interessi stanno tornando per una ragione molto semplice: dopo le promesse dei mesi scorsi, i mercati non vedono concretizzarsi le riforme annunciate sul versante economico. Il governo di Matteo Renzi da questo punto di vista corre il rischio di deludere le aspettative degli investitori italiani e internazionali, dedicandosi forse troppo al riassetto dell’apparato istituzionale, come gli interventi sul Senato e sulla legge elettorale, che, seppur importanti, non sono in cima all’agenda degli operatori finanziari”. Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, commentando la risalita dello spread sopra 170 punti.
Al contrario, secondo una stima del Centro studi di Unimpresa, la discesa del differenziale tra Btp italiani e Bund tedeschi, con un approdo stabile a 130 punti base, potrebbe creare un tesoretto per i conti pubblici del Paese di quasi 10 miliardi di euro in tre anni. Nel primo anno, si otterrebbe un risparmio, sul versante della spesa per interessi sul debito statale, pari a 1,8 miliardi, nel secondo anno il vantaggio salirebbe a 3,6 miliardi e poi a 4,5 miliardi il terzo anno. In totale, i benefici per le casse dello Stato sarebbero di 9,9 miliardi nell’arco di 36 mesi.
Secondo l’analisi di Unimpresa, basata su dati della Banca d’Italia oltre che sul Documento di economia e finanza del governo, con una riduzione della spesa per interessi, nei prossimi anni potrebbero essere liberate importanti risorse per lo sviluppo, a cominciare da una robusta riduzione della pressione fiscale. La stima parte dall’indicazione fornita dalla Banca d’Italia secondo cui 100 punti base di spread “valgono” circa 0,2 punti percentuali di pil nel primo anno, 0,4 punti nel secondo anno e 0,5 punti nel terzo anno. Nell’ultimo Documento di economia e finanza, il pil è stimato a circa 1.500 miliardi, mentre il differenziale tra i titoli del Tesoro e quelli tedeschi viene indicato sui 190 punti. Pertanto, se lo spread restasse a quota 130 punti raggiunti oggi, ci sarebbe un vantaggio positivo pari a 60 punti base rispetto alle stime di spesa per interess i contenuta nel Def. Ne consegue che il risparmio, su un ipotetico arco triennale, sarebbe di 9,9 miliardi complessivi così suddivisi: 1,8 miliardi, 3,6 miliardi e 4,5 miliardi. Per quanto riguarda il 2014, nel dettaglio, si può stimare che con lo spread a 130 punti, considerando ancora sette mesi da sfruttare per le emissioni di obbligazioni statali, il risparmio sarebbe di circa 1 miliardo. Ben diverso il quadro se il calo del differenziale continuasse a questo ritmo. Se, a esempio, lo spread scendesse complessivamente di 100 punti rispetto ai 190 indicati nelle previsioni del governo, cioè giù fino a quota 90 punti, il tesoretto per le finanze statali, sempre su base triennale, salirebbe a 19,5 miliardi così suddivisi: 3 miliardi il primo anno, 6 miliardi il secondo anno e 7,5 miliardi il terzo.
Ufficio Stampa Unimpresa
a cura dell’Ago Press