Cassazione su pneumatici usati. Rifiuto o fuori uso?
SENTENZA CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE III – PENALE – 31/03/2017, n. 16432.
La responsabilità penale degli imputati è stata correttamente individuata dal Tribunale sulla base degli accertamenti svolti dai carabinieri, i quali avevano in primo momento trovato i due a bordo di un furgone che trasportava copertoni esausti ed era parcheggiato accanto a un terreno in cui erano già stati abbandonati in precedenza altri copertoni esausti. Successivamente, presso l’esercizio erano stati ritrovati altri pneumatici esausti. Nessuno degli imputati era stato in grado di produrre autorizzazioni per la gestione di tali rifiuti, essendosi gli stessi limitati a produrre formulari o documenti di trasporto che recavano date successive a quelle dei fatti. Dunque – contrariamente a quanto asserito dei ricorrenti – i carabinieri avevano direttamente accertato la sussistenza di tutte le condotte contestate ed avevano altresì accertato che i pneumatici in questione non erano semplicemente dei pneumatici usati, ma erano pneumatici fuori uso, da considerare come veri e propri rifiuti.
ORDINANZA
1. – Con sentenza del 19 aprile 2013, il Tribunale di Napoli ha – per quanto qui rileva – condannato gli imputati alla pena dell’ammenda, per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 256, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, perché in concorso tra loro, effettuavano un’attività non autorizzata raccolta, trasporto, recupero, smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, consistenti in pneumatici (il 5 maggio 2008).
2. – Avverso la sentenza l’imputato G.S. ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, denunciando, in primo luogo l’erronea applicazione degli artt. 228 e 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, perché il Tribunale avrebbe accomunato pneumatici usati, che non sono considerati rifiuti, e pneumatici esausti, che sono invece considerati rifiuti. I carabinieri avrebbero rinvenuto nell’esercizio di gommista dell’imputato solo pneumatici usati e non anche pneumatici esausti, tanto che gli stessi erano conservati tra gli scaffali, come merce da vendere.
In secondo luogo, si lamenta la mancata considerazione del contratto di smaltimento di rifiuti stipulato con una impresa autorizzata il 21 marzo 2008, il quale – secondo la prospettazione difensiva – costituiva la prova del fatto che l’imputato non aveva smaltito illecitamente i pneumatici.
Con un terzo motivo di doglianza, si deducono vizi della motivazione in relazione alla valutazione della prova, costituita dalle risultanze del controllo effettuato dai carabinieri, da cui non emergeva nessuna delle condotte contestate.
3. – La sentenza è stata impugnata, con separati ricorsi di analogo contenuto, anche nell’interesse di G.V. e D.E., i quali svolgono rilievi analoghi a quelli di G.S. . Quanto alla specifica posizione dei due ricorrenti, i ricorsi deducono vizi della motivazione, in relazione al fatto che, al momento dell’accertamento svolto dai carabinieri (5 maggio 2008), gli imputati non erano stati rinvenuti sul posto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. – I ricorsi – i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente perché attengono tutti alla responsabilità penale – sono inammissibili, perché fondati su motivi non specificamente formulati. I ricorrenti, infatti, non svolgono censure riferite alla motivazione della sentenza impugnata, la quale non viene richiamata neanche a fini di critica.
Anche a prescindere da tali assorbenti considerazioni, deve comunque rilevarsi che la responsabilità penale degli imputati è stata correttamente individuata dal Tribunale sulla base degli accertamenti svolti dai carabinieri, i quali avevano in primo momento trovato G.V. e D.E. a bordo di un furgone che trasportava copertoni esausti ed era parcheggiato accanto a un terreno in cui erano già stati abbandonati in precedenza altri copertoni esausti. Successivamente, presso l’esercizio di G.S., erano stati ritrovati altri pneumatici esausti. Nessuno degli imputati era stato in grado di produrre autorizzazioni per la gestione di tali rifiuti, essendosi gli stessi limitati a produrre formulari o documenti di trasporto che recavano date successive a quelle dei fatti. Dunque – contrariamente a quanto asserito dei ricorrenti – i carabinieri avevano direttamente accertato la sussistenza di tutte le condotte contestate ed avevano altresì accertato che i pneumatici in questione non erano semplicemente dei pneumatici usati, ma erano pneumatici fuori uso, da considerare come veri e propri rifiuti, ai sensi dell’art. 228 del d.lgs. n. 152 del 2006.
Nessun argomento di segno contrario può essere desunto dal contratto di smaltimento di rifiuti, prodotto dalla difesa, stipulato con una impresa autorizzata il 21 marzo 2008. Detto documento rappresenta, anzi, una duplice conferma: della natura di pneumatici esausti e, dunque, di rifiuti dei materiali trovati nel corso dell’ispezione, perché menziona, perché il suo specifico oggetto è proprio lo “smaltimento di pneumatici fuori uso”; del fatto che gli imputati non erano autorizzati allo smaltimento, tanto da doversi servire di un soggetto terzo. Né gli imputati hanno assolto all’onere della prova circa la natura di pneumatici usati delle cose da loro gestite. E come specificamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte proprio in relazione agli pneumatici, essendo quelli usati oggetto di una disciplina di natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria dei rifiuti, l’onere della prova circa la sussistenza delle condizioni di legge deve essere assolto da colui che ne invoca l’applicazione (Sez. 3, n. 25358 del 30/05/2012, la quale ricostruisce il quadro normativo in materia e definisce gli pneumatici “fuori uso” come quelli che, per degrado o altre condizioni, abbiano perso la loro funzione originaria).
5. – I ricorsi devono perciò essere dichiarati inammissibili. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.