Fisco: Unimpresa, in triennio 2017-2019 già decisa stangata da 75 miliardi
Rapporto dell’associazione sulle Entrate dello Stato, in vista del nuovo Def, che complessivamente sfonderanno il muro degli 800 miliardi. Pressione fiscale sempre al 42,2%. Gettito tributario da 493 miliardi del 2016 a 530 del 2019 (505 miliardi nel 2017 e 518 nel 2018). Pressione fiscale in aumento al 42,2%. Il vicepresidente Pucci: “Pmi fuggono all’estero a caccia di sistemi fiscali più equi”.
Sarà difficile, per il governo, garantire una riduzione del peso delle tasse con il nuovo Documento di economia e finanza visto che per il triennio 2017-2019 è già decisa una stangata da oltre 75 miliardi di euro, con la pressione fiscale si attesterà al 42,2% superiore al 42,1% raggiunto l’anno scorso. Nel triennio in esame le tasse cresceranno costantemente, passando dai 493 miliardi del 2016 ai 505 miliardi del 2017, ai 518 miliardi del 2018 e ai 530 miliardi del 2019. Sono le imposte indirette (la principale è l’Iva) che “garantiranno” il maggior gettito aggiuntivo conun aumento complessivo di 80,5 miliardi; le indirette cresceranno di 3,3 miliardi, mentre caleranno di 8,3 miliardi gli altri tributi in conto capitale. E le entrate generali dello Stato sfonderanno il muro degli 800 miliardi. Questi i dati principali di una analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale sono destinati a salire anche i versamenti allo Stato per contributi sociali e previdenziali: l’incremento sarà di quasi 33 miliardi. Secondo il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci, “il peso delle tasse compromette la crescita, limita la capacità di internazionalizzazione delle pmi e blocca gli investimenti: ecco perché molte aziende cercano all’estero sistemi tributari più equi”.
Secondo l’analisi dell’associazione, realizzata sulla base dei dati del ministero dell’Economia e delle Finanze, il totale delle entrate tributarie si attesterà a quota 493,1 miliardi alla fine del 2016; di questi, 248,2 miliardi sono le imposte dirette (come Irpef, Ires, Irap, Imu), 240,9 miliardi le indirette (come Iva, accise, registro) e 3,8 miliardi le altre in “conto capitale”. Si tratta di una voce del bilancio pubblico che salirà a 505,8 miliardi nel 2017 (rispettivamente 245,8 miliardi, 258,4 miliardi e 1,6 miliardi), a 518,1 miliardi nel 2018 (rispettivamente 247,8 miliardi, 269,3 miliardi e 831 milioni), a 530,9 miliardi nel 2019 (rispettivamente 254,3 miliardi, 275,7 miliardi e 841 milioni). Complessivamente, considerano la variazione di ciascun anno del triennio in esame rispetto al 2016, l’aumento delle entrate tributarie nelle casse dello Stato sarà pari a 75,5 miliardi: le imposte dirette cresceranno di 3,3 miliardi, le indirette di 80,5 miliardi e le altre si ridurranno di 8,3 miliardi.
Cresceranno anche le entrate relative a contributi sociali (previdenza e assistenza): dai 219,6 miliardi del 2016 si passerà ai 222,3 miliardi del 2017, ai 230,1 miliardi del 2018, ai 239,5 miliardi del 2019. L’incremento complessivo sarà pari a 32,9 miliardi. In salita, poi, anche le altre entrate correnti per 2,3 miliardi. Ne consegue che il totale delle entrate dello Stato aumenterà di 110,3 miliardi: dai 786,2 miliardi del 2016 si passerà agli 800,8 miliardi del 2017, agli 821,9 miliardi del 2019 e agli 846,1 miliardi del 2019.
Nessuna variazione positiva per la pressione fiscale. Il totale delle entrate dello Stato rispetto al prodotto interno lordo si attesterà al 42,6% nel 2016, al 42,8% nel 2017, al 42,7% nel 2018 e 2019. Il quadro non migliora nemmeno se si osserva il dato “epurato” del bonus da 80 euro introdotto a partire dal 2014 e contabilizzato, ai fini del bilancio pubblico, come uscita e non come minore entrata: la pressione fiscale (al netto, dunque, degli 80 euro) raggiungerà quota 42,1% alla fine di quest’anno per poi salire e attestarsi al 42,2% per tutto il triennio successivo.
“Non esiste una statistica ufficiale e la sensazione è quella che si voglia nascondere il fenomeno, ma sono migliaia le micro-aziende che si cancellano nel paese e migrano in Stati a bassa fiscalità anche in ambito della comunità europea, usufruendo della mancata armonizzazione del prelievo fiscale in ambito comunitario” spiega il vicepresidente Pucci.