Crisi: Unimpresa, +241 miliardi valore spa quotate in 4 anni
Il presidente dell’associazione dell’associazione: “Italia a trazione finanziaria, l’economia reale non esce dal pantano”.
Sempre più finanza e meno economia reale in Italia. E’ cresciuta di oltre 240 miliardi, con un’impennata superiore al 70%, la capitalizzazione di Borsa delle società italiane negli ultimi 4 anni. Dal 2011 al 2015, il valore del capitale delle spa quotate del nostro Paese è passato da 332 miliardi a 537 miliardi. E mentre le imprese presenti sui listini di piazza Affari, in piena crisi, sono diventate 316 (+10%) e hanno distribuito dividendi per complessivi 70 miliardi, il prodotto interno lordo italiano è quasi sempre calato, con un picco del -2,5% nel 2012, e la disoccupazione è cresciuta fino al massimo del 12,7% raggiunto nel 2014. Bufera globale e recessione, secondo un rapporto del Centro studi di Unimpresa, non fermano la crescita della finanza tricolore, con le spa quotate che valgono sempre di più, mentre la cosiddetta economia reale fatica: il pil ha interrotto la spirale negativa solo nel 2015, quando è salito dello 0,8% e la disoccupazione è sempre aumentata salvo calare di poco lo scorso anno all’11,5%.
Boom di dividendi: 72 miliardi distribuiti dal 2011 al 2015
Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, dal 2011 al 2015 la capitalizzazione di Borsa delle società per azioni del nostro Paese è cresciuta di 241,2 miliardi (+72,58%); nel 2011 il totale era a 332,3 miliardi pari al 20,3% del pil, nel 2012 era a 365,4 miliardi (22,6% del pil), nel 2013 era a 465,4 miliardi (28,9% del pil), nel 2014 a 482,4 miliardi (29,9% del pil) e nel 2015 a 573,6 miliardi (35,1% del pil). In quattro anni, è cresciuto anche il numero delle società presenti sui listini di piazza Affari da 287 a 316 con un incremento di 29 unità (+10,10%). Nel periodo sotto esame sono stati distribuiti dividendi (utili) per complessivi 72,2 miliardi (17 miliardi nel 2011, 13,2 miliardi nel 2012, 13,8 miliardi nel 2013, 13,1 miliardi nel 2014 e 15,1 miliardi nel 2015).
Nello stesso arco di tempo, il pil è rimasto quasi sempre in territorio negativo oppure ha registrato incrementi assai poco significativi. Nel 2011 è salito dello 0,4% per poi cadere per tre anni consecutivi: -2,5% nel 2012, -1,9% nel 2013, -0,4% nel 2014. Solo lo scorso anno una timida inversione di tendenza con una crescita dello 0,8%. Contemporaneamente è calata la disponibilità di posti di lavoro e la disoccupazione si è impennata: 8,4% nel 2011, 10,7% nel 2012, 12,1% nel 2013, 12,7% nel 2014 e 11,5% nel 2015.
“E’ un’Italia a trazione finanziaria, quella che emerge dalla nostra analisi e l’economia reale non esce dal pantano” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Chi scommette in Borsa non ha perso, ma il pil non cresce e la disoccupazione aumenta. E nonostante alcuni miglioramenti, la situazione complessiva resta critica. Dagli ultimi dati Istat, c’è da registrare qualche segnale positivo, come la variazione mensile col segno più dei prezzi della produzione industriale, oppure come l’aumento del potere d’acquisto delle famiglie; c’è, tuttavia, ancora qualche dato preoccupante, come la crescita infinitesimale dei prezzi del carrello della spesa e la complessiva conferma della deflazione per il quinto mese consecutivo. I segnali positivi esistono, ma sono minimi e con questo quadro va messo in dubbio il pacchetto di previsioni del governo sul 2016 sia per quanto riguarda la finanza pubblica sia per la crescita del prodotto interno lordo” aggiunge il presidente di Unimpresa.
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