Crisi: Unimpresa, famiglie tornano a indebitarsi, in un anno +20 mld
Lo studio dell’associazione. I clienti delle banche chiedono nuovi finanziamenti per comprare automobili e smartphone, ma non rimborsano i “vecchi” prestiti: le rate non pagate valgono oltre 37 miliardi. Mutui immobiliari saliti di appena 3 miliardi. Alle impresta tagliati finanziamenti per 21 miliardi.
Tornano a indebitarsi le famiglie italiane per comprare automobili, smartphone, tablet, computer, televisori, elettrodomestici, arredamento per la casa e viaggi: in un anno i prestiti delle banche hanno subito un’impennata e sono cresciuti di 20 miliardi di euro. Una crescita legata soprattutto al comparto del credito al consumo salito di 21,7 miliardi (+35%), mentre fanno ancora fatica a ripartire i mutui immobiliari, saliti di appena 3 miliardi (+0,83%); risultano in calo di 4 miliardi, invece, i prestiti personali (-2,49%), quelli chiesti allo sportello senza una finalità specifica. A fronte di nuove richieste di denaro in banca, le famiglie non riescono a rimborsare regolarmente i “vecchi” prestiti e hanno accumulato arretrati (sofferenze) per oltre 37 miliardi. Resta negativo, invece, il quadro per le imprese con i crediti scesi di 21 miliardi; sul versante delle aziende, l’unica nota positiva è quella dei finanziamenti di medio periodo, cresciuti di oltre 16 miliardi (+12%). Complessivamente, negli ultimi 12 mesi i finanziamenti degli istituti al settore privato sono rimasti stabili, calati in totale di 1 miliardo: lo stock di impieghi a marzo scorso valeva 1.407 miliardi, in calo dello 0,08% rispetto ai 1.408 miliardi di marzo 2015. Crescono su base annua le sofferenze che ora ammontano a quasi 197 miliardi, aumentate di oltre 7 miliardi in un anno; le sofferenze nette in 12 mesi sono passate da 80 a 83 miliardi. Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo cui la fetta maggiore di prestiti che non vengono rimborsati regolarmente agli istituti di credito è quella delle imprese (139 miliardi), le “rate non pagate” dalle famiglie valgono più di 37 miliardi, mentre quelle delle imprese familiari sono oltre quota 15 miliardi.
Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, complessivamente lo stock dei finanziamenti al settore privato è rimasto stabile: da marzo 2015 a marzo 2016, il totale dei prestiti è calato di 1,1 miliardi di euro passando da 1.408,7 miliardi a 1.407,5 miliardi (-0,08%). Un risultato legato all’aumento delle erogazioni alle famiglie sostenuti da una dinamica in forte accelerazione del credito al consumo, comparto salito di 21,7 miliardi in un anno da 60,4 miliardi a 82,2 miliardi (+35,96%): si tratta dei prestiti erogati per una finalità specifica, in particolare per l’acquisto di automobili, elettrodomestici, televisori, tablet, smartphone, computer, arredamento per la casa e viaggi. Lieve crescita anche per i mutui di 2,9 miliardi da 358,6 miliardi a 361,6 miliardi (+0,83%), mentre si registra un calo di 4,4 miliardi per i prestiti personali scesi da 179,8 miliardi a 175,3 miliardi (-3,38%). Complessivamente i finanziamenti alle famiglie sono saliti di 20,2 miliardi da 598,9 miliardi a 619,1 miliardi (+3,38%). Resta in generale negativo il quadro per le imprese che hanno visto calare i finanziamenti di 21,4 miliardi da 809,7 miliardi a 788,3 miliardi (-2,64%). Le aziende nell’ultimo anno hanno assistito alla riduzione dei finanziamenti di quasi tutti i tipi di durata. Sono calati i prestiti a breve termine (fino a 1 anno) per 21,7 miliardi (-7,25%) da 300,02 miliardi a 278,2 miliardi e quelli di lungo periodo (oltre 5 anni) di 15,7 miliardi (-4,19%) da 376,6 miliardi a 360,8 miliardi, mentre quelli di medio periodo (fino a 5 anni), in controtendenza, sono cresciuti di 16,1 miliardi (+12,10%) da 133,1 miliardi a 149,2 miliardi.
Parallelamente c’è la questione delle rate dei finanziamenti non rimborsati: in totale le sofferenze sono passate dai 189,5 miliardi di marzo 2015 ai 196,9 miliardi di marzo 2016 (+3,92%) in aumento di 7,4 miliardi; a gennaio scorso le sofferenze ammontavano a 202,05 miliardi. Nel dettaglio, la quota di crediti deteriorati che fa capo alle imprese è salita da 134,9 miliardi a 139,5 (+3,38%) in aumento di 4,5 miliardi. La fetta relativa alle famiglie è cresciuta da 35,1 miliardi a 37,3 miliardi (+6,39%) in salita di 2,2 miliardi. Per le imprese familiari c’è stato un aumento di 437 milioni da 15,4 miliardi a 15,8 miliardi (+2,83%). Le “altre” sofferenze (pa, onlus, assicurazioni, fondi pensione) sono passate invece da 4,1 a 4,2 miliardi (+4,62%) con 186 milioni in più. Le sofferenze nette sono passate da 80,9 miliardi di marzo 2015 a 83,6 miliardi di marzo 2016 in aumento di 2,7 miliardi (+3,37%). A marzo 2015 le sofferenze corrispondevano al 13,45% dei prestiti bancari (1.408,7 miliardi), percentuale salita al 13,99% a marzo scorso, quando i finanziamenti degli istituti erano passati a 1.407,5 miliardi. Rispetto alla fine del 2010 le sofferenze sono più che raddoppiate: in poco più di cinque anni, da dicembre 2010 a marzo 2016, sono salite da 77,8 miliardi a 196,9 miliardi in salita di quasi 120 miliardi. A fine 2011 erano a 107,1 miliardi; alla fine del 2012 a 124,9 miliardi.