Crisi. Unimpresa, famiglie non spendono e lasciano in banca 30 mld in un anno
Analisi sui conti bancari di aziende e cittadini. In dodici mesi le riserve degli italiani sono cresciute di oltre 30 miliardi (+3,54%) arrivando a 891 miliardi. Su anche i “salvadanai” di aziende (+13 mld) e imprese familiari (+2 mld). Salgono anche i depositi di onlus (+717 mln) e banche e fondi (+3 mld), in calo quelli delle assicurazioni (-1,3 mld). Il presidente dell’associazione, Longobardi: “C’è paura di nuove tasse, è urgente far ripartire i consumi”.
Le famiglie non spendono e lasciano in banca oltre 30 miliardi di euro in un anno: vuol dire che ogni mese vengono accantonati 2,5 miliardi. Negli ultimi 12 mesi è passato infatti da 861 a 891 miliardi, in aumento di oltre il 3%, l’ammontare delle “riserve” degli italiani. Una tendenza “prudente” seguita anche dalle aziende e dalle imprese familiari, con i “salvadanai” cresciuti rispettivamente di 13 miliardi (da 190 a 203 miliardi) e di 2 miliardi (da 43 a 45 miliardi), oltre che dalle onlus (+717 milioni) e dagli istituti di credito (+32 miliardi); in leggero calo i depositi delle assicurazioni (-1,3 miliardi). Complessivamente, le provviste finanziarie sono salite di 78 miliardi (+5%) passando da 1.457 miliardi a 1.535 miliardi. Questi i dati principali di un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui nell’ultimo anno, ogni mese non sono stati spesi o investiti, in media, 6,5 miliardi.
Secondo l’analisi dell’associazione, basata su dati della Banca d’Italia, da gennaio 2014 a gennaio 2015 complessivamente le riserve bancarie sono salite di 78,1 miliardi (+5,36%) passando da 1.457,7 miliardi a 1.535,9 miliardi: nell’ultimo anno, ogni mese non sono stati spesi o investiti, in media, 6,5 miliardi. Nel dettaglio, i fondi delle aziende sono cresciuti di 13,8 miliardi (+7,30%) da 190,1 miliardi a 203,9 miliardi: l’incremento medio è superiore a 1 miliardo al mese. I salvadanai delle famiglie sono aumentati di 30,4 miliardi (+3,54%) al ritmo di oltre 2,5 miliardi al mese, passando da 861,2 miliardi a 891,7 miliardi. Gli accantonamenti delle imprese familiari sono incrementati, poi, di 2,2 miliardi (+5,25%) da 43,5 miliardi a 45,7 miliardi. In salita anche i depositi delle onlus (organizzazioni non lucrative), cresciuti di 717 milioni (+3,13%) da 22,9 miliardi a 23,6 miliardi, e quelli delle banche, aumentati di 32,1 miliardi (+10,2%), probabilmente come conseguenza delle nuove regole europee sui requisiti di capitale diventate più stringenti, da 315,3 miliardi a 347,5 miliardi. In leggero calo, invece, di 1,3 miliardi (-5,35%) i depositi delle assicurazioni diminuiti da 24,5 miliardi a 23,2 miliardi.
Tra i risultati più rilevanti dell’analisi per strumento, il comparto del conto corrente ha registrato la crescita più alta tra gennaio 2014 e gennaio 2015: da 789,6 miliardi a 873,1 miliardi in aumento di 83,5 miliardi (+10,57%). Sale anche l’ammontare del denaro circolante, passato da 158,6 miliardi a 170,9 miliardi in crescita di 12,3 miliardi (+7,77%). Sono leggermente cresciuti i depositi rimborsabili con preavviso: lo stock di denaro è passato da 310,6 miliardi a 313,5 miliardi in aumento di 2,9 miliardi (+0,94%). I depositi vincolati a breve scadenza, invece, sono diminuiti sensibilmente, probabilmente in corrispondenza del calo degli interessi riconosciuti dagli intermediari, da 165,4 miliardi a 137,1 miliardi con una diminuzione di 28,3 miliardi (-17,14%).
Longobardi: “Anche chi può far circolare denaro preferisce la prudenza”
“C’è paura di spendere e paura di investire, paura di nuove tasse o di ulteriori difficoltà coi bilanci. E’ uno degli effetti devastanti innescati da anni di crisi profonda e di recessione lunghissima. Le famiglie e le aziende che pure avrebbero la possibilità di far circolare denaro, incrementando i consumi e scommettendo sul futuro, preferiscono la via della prudenza, perché si temono momenti ancora peggiori, magari accompagnati dall’ennesimo inasprimento fiscale interno o nuovi scossoni in arrivo dal fronte internazionale. Ma se i flussi finanziari sono deboli, possiamo dire addio alla ripresa: ecco perché è fondamentale e urgente far ripartire i consumi” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
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