Crisi. Unimpresa, in mani straniere il 44% di spa quotate italiane
Il rapporto dell’associazione: sale dal 39,4% al 44,3% la quota di possesso dei grandi gruppi italiani in mani ester.
Longobardi: “Spesso le aziende estere comprano per fini speculativi e non per investire”.
Italia terra di conquiste con il boom dello shopping estero nel made in Italy di piazza Affari, che vale sempre di più. Aumenta il valore, ma sono sempre più in mani straniere: oltre il 44% delle società per azioni italiane quotate in Borsa, che hanno visto crescere la capitalizzazione complessiva di 156 miliardi di euro nell’ultimo anno, è posseduto da soggetti esteri. Mentre il 46% di tutte le imprese (anche le non quotate) è controllato dalle famiglie. Da giugno 2013 a giugno 2014, il capitale delle spa quotate del nostro Paese è passato da 352,9 miliardi di euro a 509,7 miliardi in crescita di 156,8 miliardi (+44%). Sul listino tricolore cresce il peso degli azionisti “non italiani” che ora hanno partecipazioni di imprese quotate della Penisola pari a 226,04 miliardi, il 44,3% del totale. Predominante, seppur in leggera diminuzione, il peso delle famiglie nel capitale delle aziende (quotate e non) con partecipazioni pari a 905,7 miliardi, in aumento di 115,1 miliardi. Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi di Unimpresa, sull’andamento del valore delle aziende italiane nell’ultimo anno.
Secondo l’analisi di Unimpresa, basata su dati della Banca d’Italia, da giugno 2013 a ggiugno 2014, si è assistito a uno scatto in avanti del valore delle spa presenti sui listini di piazza Affari. Le partecipazioni di spa quotate in mano alle imprese italiane a giugno 2014 valevano 129,2 miliardi (il 25,4% del totale) in crescita di 42,3 miliardi (+48,7%) rispetto agli 86,9 miliardi di giugno 2013. Le banche continuano ad avere una presenza forte, seppure in lieve calo, nel capitale delle spa quotate con il 6,1%, pari a 30,8 miliardi in calo di 1,3 miliardi (-4,0%). Lo Stato centrale ha nel suo portafoglio titoli azionari quotati italiani per 16,8 miliardi (il 3,3% del totale), in aumento di 2,1 miliardi (+15,4%) rispetto ai 10,2 miliardi di un anno prima. A piazza Affari i privati (famiglie) controllano quote pari a 65,4 miliardi (il 12,8% del totale), cresciute di 9,2 miliardi (+16,5%) rispetto ai 56,2 miliardi dell’anno precedente. Gli stranieri controllano il 44,3% di piazza Affari con partecipazioni pari a 226,04 miliardi in aumento di 86,9 miliardi rispetto ai 139,1 miliardi di giugno 2013. Complessivamente il valore delle società italiane quotate è salito in un anno di 159,5 miliardi (+45%) da 354,7 miliardi a 514,3 miliardi.
Sale, dunque, il peso degli stranieri anche se si estende l’analisi a tutto l’universo delle società per azioni. Le spa italiane, comprese le quotate, valgono (giugno 2014) 1.938,08 miliardi, in aumento di 286,7 miliardi (+17,4%) rispetto ai 1.661,3 miliardi di giugno 2013. La ripartizione delle quote è la seguente. Le imprese hanno il 13,2% pari a 255,6 miliardi, in aumento di 17,2 miliardi (+7,2%) sui 238,3 miliardi di un anno prima. Le banche hanno il 7,0% pari a 134,9 miliardi, in lieve calo di 2,6 miliardi (-1,9%) rispetto a 137,5 miliardi. Sale la quota dello Stato centrale che ora ha il 5,3% di spa con 102,7 miliardi, in aumento di 6,6 miliardi (+6,9%) rispetto ai 96,1 miliardi precedenti. I privati detengono il 46,7% di società per azioni, dato che conferma il carattere familiare dell’imprenditoria italiana, con 905,7 miliardi in aumento di 161,9 miliardi (+21,8%) rispetto ai 743,7 miliardi del 2013. La quota di imprese italiane in mano agli stranieri, che corrisponde al 23,1% del totale, è aumentata di 115,1 miliardi (+34,6%) da 332,4 miliardi a 447,5 miliardi.
“Se da una parte va valutato positivamente l’aumento del valore delle imprese italiane, dall’altro bisogna guardare con attenzione la presenza degli stranieri e capire fino a che punto si tratta di investimenti utili allo sviluppo e dove finisce, invece, l’attività speculativa” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “La fortissima crisi che sta colpendo l’Italia più di altri paesi sta consegnando di fatto i pezzi pregiati della nostra economia a soggetti stranieri, che non sempre comprano con prospettive di lungo periodo o di investimento, ma spesso per fini speculativi” aggiunge Longobardi.