Banche. Unimpresa, a famiglie e aziende -12 miliardi in ultimi 12 mesi
L’analisi del Centro studi: da settembre 2013 a settembre 2014 finanziamenti tagliati di 1 miliardo al mese (11,9 miliardi: -5,5 alle aziende, -6,4 alle famiglie). Boom di sofferenze a quasi 177 miliardi. Cresce la difficoltà nel pagare le rate dei prestiti: i finanziamenti non pagati sono più che raddoppiati in tre anni e mezzo (a fine 2010 erano a 77,8 miliardi). Per le famiglie gli “arretrati” valgono 33 miliardi, per le imprese oltre 126,5 miliardi. Longobardi: “Per istituti utili record con economia in ginocchio”.
Rubinetti chiusi e boom di sofferenze nei bilanci delle banche: negli ultimi 12 mesi, da settembre 2013 a settembre 2014, sono calati di quasi 12 miliardi i finanziamenti a imprese e famiglie, vale a dire circa 1 miliardo al mese in meno giorno; mentre le rate non pagate sono cresciute del 22% arrivando a sfiorare i 176 miliardi di euro, in aumento di 32 miliardi. La fetta maggiore di prestiti che non vengono rimborsati regolarmente agli istituti di credito è quella delle imprese (126 miliardi). Le “rate non pagate” dalle famiglie valgono oltre 33 miliardi, mentre quelle delle imprese familiari 14,5 miliardi. Arrivano a qusi 2,5 miliardi, poi, le sofferenze della pubblica amministrazione, delle onlus, delle assicurazioni e di altre istituzioni finanziarie. Complessivamente le sofferenze adesso corrispondono al 12,45% dei prestiti bancari, in aumento rispetto al 10,09% di un anno fa. Alla fine del 2010 le sofferenze ammontavano a 77,8 miliardi: in poco più di tre anni e mezzo, quindi, sono più che raddoppiate. Questi i dati principali del rapporto mensile sul credito del Centro studi Unimpresa, secondo cui nell’ultimo anno le banche hanno tagliato i finanziamenti al settore privato per complessivi 11,9 miliardi (-0,84%).
Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, in totale le sofferenze sono passate dai 144,5 miliardi di settembre 2013 ai 176,8 miliardi di settembre 2014 (+22,52%) in aumento di 32,3 miliardi. Nel dettaglio, la quota delle imprese è salita da 99,1 miliardi a 126,5 miliardi (+27,70%) in aumento di 27,4 miliardi. La fetta relativa alle famiglie è cresciuta da 30,8 miliardi a 33,1 miliardi (+7,47%) in salita di 2,3 miliardi. Per le imprese familiari c’è stato un aumento di 1,8 miliardi da 12,6 miliardi a 14,5 miliardi (+14,84%). Le “altre” sofferenze (pa, onlus, assicurazioni, fondi pensione) sono passate invece da 1,8 a 2,5 miliardi (+36,18%) con 669 milioni in più.
Sofferenze più che raddoppiate in tre anni e mezzo, ora valgono il 12,45% dei prestiti
A settembre 2013 le sofferenze corrispondevano al 10,09% dei prestiti bancari (1.432,8 miliardi), percentuale salita al 12,45% a settembre scorso, quando i finanziamenti degli istituti erano a 1.420,8 miliardi. Rispetto alla fine del 2010 le sofferenze sono più che raddoppiate: in poco più tre anni e mezzo, da dicembre 2010 a settembre 2014, sono passate da 77,8 miliardi a 176,8 miliardi in salita di 98,8 miliardi. A fine 2011 erano a 107,1 miliardi; alla fine del 2012 a 124,9 miliardi.
Credit crunch: –12 mld a privati in un anno, -1 mld al mese a economia reale
Parallelamente c’è la serrata dei rubinetti del credito, calati nell’ultimo anno al ritmo di quasi 1 miliardi al mese. Da settembre 2013 a settembre 2014, il totale dei finanziamenti al settore privato è diminuito di 11,9miliardi di euro passando da 1.4 32,8 miliardi a 1.420,8 miliardi. Una riduzione che interessa sia le famiglie (-6,4 miliardi) sia le imprese (-5,5 miliardi). Le erogazioni degli istituti di credito sono scese, complessivamente, dello 0,84% nell’ultimo anno. Migliora il quadro per le imprese, sempre alle prese con una riduzione del credito: nell’ultimo anno le aziende hanno assistito alla riduzione dei finanziamenti di quasi tutti i tipi di durata. Sono calati i prestiti a breve termine (fino a 1 anno) per 3,8 miliardi (-1,23%) da 312,8 miliardi a 308,94 miliardi, quelli di medio periodo (fino a 5 anni) di 281 milioni (-0,23%) da 124,3 miliardi a 124,09 miliardi, mentre quelli di lungo periodo (oltre 5 anni) sono scesi di 1,3 miliardi (-0,35%) da 391,7 miliardi a 394,4 miliardi. In totale lo stock di finanziamenti alle imprese è sceso da 828,9 miliardi a 823,4 miliardi con una diminuzione di 5,5 miliardi (-0,66%). Analoga, critica situazione per le famiglie: in dodici mesi meno credito al consumo per 1,4 miliardi (-2,45%) da 58,7 miliardi a 57,2 miliardi e meno prestiti personali per 2,1 miliardi (-1,17%)
da 182,7 miliardi a 180,6 miliardi. Giù anche il comparto mutui casa con le erogazioni degli istituti calate di 2,8 miliardi (-0,80%) da 362,3 miliardi a 359,4 miliardi: il mercato immobiliare, così rilevante per il prodotto interno lordo italiano e per le prospettive di crescita economica, resta dunque privato della liquidità necessaria a ripartire; la contrazione dei finanziamenti non consente al business del mattone di rimettersi sul sentiero della crescita. In totale, lo stock di finanziamenti alle famiglie è calato in un anno da 603,8 miliardi a 597,3 miliardi con una diminuzione di 6,4 miliardi (-1,07%).
Longobardi: “Per istituti utili record con economia in ginocchio”
“Siamo di fronte a un paradosso: le banche italiane si avviano a chiudere l’anno in corso con utili alle stelle, mentre il credito alle imprese non arriva e l’economia italiana continua a essere in ginocchio” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “I primi due gruppi bancari del Paese – aggiunge Longobardi – hanno chiuso il periodo gennaio-settembre 2014 rispettivamente con un utile netto di 1,2 miliardi (+88% sul 2013) e di 1,8 miliardi (+81% sul 2013). Si tratta di traguardi importanti di cui bisognerebbe rallegrarsi perché banche sane e profittevoli possono ben operare sul versante della cosiddetta economia reale. Tuttavia, i dati parlano chiaro: i finanziamenti, sia quelli alle aziende sia quelli alle famiglie, sono in costante calo, seppur con lievi accenni di miglioramento, e l’auspicata ripresa dell’economia fatica a materializzarsi”. Secondo il presidente dell’associazione “in un contesto che resta drammatico, l’unico settore che pare non sentire gli effetti della recessione è quello bancario dove i margini di guadagno, evidentemente realizzati con la finanza e non col credito, sono sempre eccellenti”.