Finanza pubblica. Unimpresa, niente tagli in 5 anni spesa + 40 miliardi
Il presidente Longobardi: “Non c’è traccia di spending review, così nessuna speranza di veder calare la pressione fiscale. Sbagliato fermare gli investimenti pubblici”.
Niente tagli al bilancio pubblico: in 5 anni la spesa crescerà complessivamente di 40 miliardi di euro. Le “uscite” dello Stato italiano saliranno costantemente ogni anno, passando dagli 827 miliardi del 2013 ai quasi 870 miliardi del 2018. Aumenteranno i consumi intermedi (+8,3 miliardi), la spesa per le pensioni (+28,1 miliardi) e quella per gli stipendi pubblici (+1,3 miliardi) e tutte le altre spese correnti (+45,5 miliardi). Non ci sarà un tesoretto spread perché risulta in lieve calo la spesa per interessi pagati su bot e btp (-4,3 miliardi) nel quinquennio, mentre saranno sostanzialmente fermi gli investimenti in infrastrutture (+489 milioni). Questi i dati principali di un’analisi del Centro studi di Unimpresa. L’analisi dell’associazione, che ha preso in esame la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza approvata il 30 settembre dal consiglio dei ministri, rivela che gli effetti della spending review sono impalpabili.
Dal 2014 al 2018 la spesa pubblica italiana è dunque in continua crescita: quest’anno si attesterà a 835,3 miliardi in crescita di 8,1 miliardi (+0,98%) rispetto agli 827,1 miliardi del 2013; nel 2015 la spesa complessiva arriverà a 833,1 miliardi in crescita di 2,1 miliardi (+0,26%), nel 2016 a 847,02 miliardi in aumento di 13,8 miliardi (+1,67%), nel 2017 a 853,7 miliardi in salita di 6,6 miliardi (+,79%), nel 2018 a 867,9 miliardi con un incremento di 14,2 miliardi (+1,67%). Complessivamente, nell’arco di cinque anni (2014-2018) dalle casse dello Stato usciranno 40,7 miliardi in più. Da rilevare, in particolare, che sono in salita di 8,3 miliardi i consumi intermedi, vale a dire le uscite di ordinaria amministrazione che avrebbero dovuto essere oggetto di ampia riduzione con le varie spending review varate negli ultimi anni. I consumi intermedi si attesteranno a 128,4 miliardi alla fine del 2014 in leggera diminuzione di 2,2 miliardi (-1,69%) rispetto ai 130,6 miliardi dello scorso anno e saranno ancora in lieve calo di 346 milioni (-0,27%) nel 2015 quando arriveranno a 128,07 miliardi; nei tre anni successivi ripartirà la corsa: 130,2 miliardi nel 2016 (+2,1 miliardi, +1,72%), 133,1 miliardi nel 2017 (+2,8 miliardi, +2,18%), 139,02 miliardi nel 2018 (+5,9 miliardi, +4,44%).
NIENTE TESORETTO SPREAD, FERMI GLI INVESTIMENTI PUBBLICI
Non ci saranno effetti significativi, nel quinquennio, sul versante degli interessi pagati per il servizio del debito pubblico. Niente tesoretto spread: la spesa per interessi su bot e btp, infatti, registrerà solo un leggerissimo calo, tra il 2014 e il 2018, derivante dalla riduzione del differenziale di rendimento tra i titoli italiani e gli omologhi tedeschi. Nei cinque anni sotto esame gli interessi passivi pagati saranno più bassi di appena 4,3 miliardi: si attesteranno a 76,6 miliardi alla fine di quest’anno (-1,5 miliardi, -1,96%), a 74,2 miliardi nel 2015 (-2,3 miliardi, -3,12%), a 75,4 miliardi nel 2016 (+2,3 miliardi, +4,13%), a 74,1 miliardi nel 2017 (-1,2 miliardi, -1,72%) e a 73,8 miliardi nel 2018 (-253 milioni, -0,34%). Fermi gli investimenti pubblici: La spesa in conto capitale (quella per infrastrutture e grandi opere pubbliche) nel bilancio pubblico italiano risulta infatti in leggero aumento, tra il 2014 e il 2018, di soli 489 milioni: arriverà a 60,1 miliardi questa’anno in crescita di 2,5 miliardi (4,38%), scenderà a 57,6 miliardi nel 2015 (-2,5 miliardi, -4,19%), risalirà a 59,9 miliardi nel 2016 (+2,3 miliardi, +4,13 miliardi), ricalerà a 57,4 miliardi nel 2017 (-2,5 miliardi, -4,29%) e calerà ancora a 57,1 miliardi nel 2018 (-298 milioni, -0,52%).
LONGOBARDI: “SCELTE SBAGLIATE, VANNO ABBASSATE LE TASSE CON RIDUZIONE DEGLI SPRECHI E RIMESSI IN PISTA GLI INVESTIMENTI IN GRANDI OPERE PUBBLICHE”
“Dal nuovo Def risultano scelte a nostro giudizio sbagliate perché i tagli alla spesa pubblica, indispensabili per sperare di vedere avviata una riduzione del carico fiscale per famiglie e imprese, sono stati sostanzialmente accantonati; e sono stati messi da parte anche gli investimenti in infrastrutture e grandi opere pubbliche che invece potrebbero avere un ruolo strategico per sperare di portare il Paese fuori dalla recessione” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.