Condannato il Datore di Lavoro per nomina di un RSPP privo dei requisiti professionali
Con la recente sentenza del 21 maggio 2014 n. 20682, la Quarta Sezione Penale della Cassazione ha confermato la condanna di un datore di lavoro per violazione dell’art. 17 c 1, lett. b) D.Lgs.81/08, “per avere designato quale RSPP una persona priva dei requisiti richiesti dall’art.32”.
Con questa sentenza la Cassazione ha rigettato il ricorso del datore di lavoro con le seguenti argomentazioni: “L’assenza dei requisiti soggettivi necessari rende la designazione inefficace perché incapace di offrire la necessaria e richiesta tutela agli interessi protetti, interessi che coinvolgono il diritto del lavoratore alla salubrità e sicurezza del lavoro e, in ultima istanza, il suo diritto alla salute.”
E prosegue la Corte: “venendo alla disciplina sanzionatoria, gli artt. 55 e seguenti del d.lgs, 9 aprile 2008, n. 81 sostituiscono gli artt.89-94 del 626/1994 secondo una struttura di fattispecie che la dottrina non ha esitato a definire “disarticolata e carente di un ordine preciso”. Nonostante tali limiti, può osservarsi che il mancato richiamo all’art. 32 nella previsione dell’art. 55, comma 1, lett.b), non lascia dubbi circa il significato complessivo della fattispecie.
L’art. 55, comma 1, lett.b), infatti, sanziona l’ipotesi che il datore di lavoro non provveda ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett.b). Tale ultima disposizione prevede la non delegabilità dell’atto di designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
Si tratta di obbligo il cui rispetto deve essere valutato in relazione alle definizioni contenute nell’art. 2, comma 1, lett.g) e lett.l) della medesima legge.
Se la lett.l) definisce il “servizio di prevenzione e protezione dai rischi” come “l’insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interno all’azienda finalizzati” alla tutela dei lavoratori dai rischi, la lett.e) chiarisce che l’addetto a tale servizio è “persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’art.32″.
Dall’insieme di queste disposizioni emerge in modo inequivoco che l’unico modo per il datore di lavoro di rispettare l’obbligo ex art. 17, comma 1, lett.b), è quello di incaricare una persona in possesso dei requisiti previsti dagli artt. 2 e 32 della medesima legge, con la conseguenza che la nomina di persona inidonea comporta in radice la violazione dell’obbligo e deve essere considerata inefficace”.
Dunque, si avvia a concludere la Quarta Sezione Penale della Suprema Corte, “in tali termini la violazione assume rilevanza ai fini dell’applicazione dell’art. 55 sopra ricordato.
Del resto, solo l’interpretazione qui adottata si presenta rispettosa della disciplina contenuta nella Direttiva citata [n. 89/391/CEE, n.d.r.] e dell’interpretazione che del regime comunitario ha dato, con efficacia vincolante, la Corte di Giustizia nella sentenza citata. Il che impone di considerare l’art. 55 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 in continuità con la previsione degli artt. 4 e 8-bis e dell’art. 89 del 626/1994.”
Pertanto, “così fissato il principio interpretativo che forma oggetto del primo, e infondato, motivo di ricorso, la Corte rileva che la valutazione in ordine alla inadeguatezza dei requisiti della persona incaricata della sicurezza deve essere particolarmente attenta e non spingersi, in una materia complessa come quella della formazione e della professionalità dell’incaricato, fino ad adottare criteri valutativi opinabili che rendano incerta l’applicazione della legge da parte dei suoi destinatari.”
In conclusione, “la Corte ritiene che nel caso in esame il giudicante non sia incorso in violazione dell’obbligo di prudente apprezzamento ora delineato. L’articolata motivazione sul punto non si palesa né incoerente né palesemente illogica. Il Tribunale, infatti, ha preso in esame i titoli e i requisiti della persona incaricata e ne ha valutata con specifici argomenti la inadeguatezza rispetto alla previsione di legge, così formulando un giudizio di merito che non può essere oggetto di censura da parte del giudice di legittimità.”
FONTE: amblav.it
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