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Conti pubblici: Unimpresa, spread a 200 brucia tesoretto da 20 miliardi in biennio 2017-18

Analisi del Centro studi dell’associazione sul programma di emissioni di titoli pubblici: col divario sui tassi in salita, la spesa per interessi potrebbe crescere di almeno 7 miliardi. Tensioni pesano su 1.782 di bot e btp in circolazione. Il vicepresidente dell’associazione Pucci: “Siamo preoccupati: serve senso di responsabilità da parte delle istituzioni italiane ed europee per ridurre lo spazio di manovra ai fondi speculativi”.

Con lo spread stabile a 200 punti, si brucerebbe un tesoretto da fino a 20 miliardi di euro nel biennio 2016-2017. Se la corsa al rialzo dei tassi di interesse dovesse proseguire perché spinta dai timori da parte degli investitori, conseguenti sia alle tensioni internazionali legate alla corsa al protezionismo sia a una maggiore instabilità politica del nostro Paese, sul costo del servizio del debito si potrebbe ottenere un aggravio tra i 12 e i 20 miliardi. Lo rivela un’analisi del Centro studi Unimpresa che ha valutato l’effetto di una impennata del differenziale tra i btp italiani e i bund tedeschi, già salito da alcune settimane attorno a quota 170-180 punti base, sulle emissioni di titoli di Stato programmate dal Tesoro. “Il ritorno delle tensioni sul debito ci preoccupano. In queste fasi serve grande senso di responsabilità da parte delle istituzioni italiane ed europee per ridurre lo spazio di manovra ai fondi speculativi” commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci.

L’analisi di Unimpresa, basata sui Documenti di economia e finanza (Def) del Governo, mette in luce possibili riduzioni della spesa per interessi relativa ai bot, btp, cct e ctz da emettere nei prossimi due anni. Il costo del servizio del debito indicato nel Def è stato pari a 83,8 miliardi nel 2013 e a 90,3 miliardi nel 2014: due voci del budget del bilancio che valgono in totale 174,1 miliardi, quando lo spread viaggiava appunto attorno a quota 200 punti base. Nel 2015 la spesa per interessi si è attestata a 68,2 miliardi e l’anno scorso a 66,4 miliardi. Il governo stima esborsi pari a 63,5 miliardi nel 2017 e pari a 62,5 miliardi nel 2018.

Le tensioni sui tassi pesano sul debito pubblico da rinnovare. Il totale dei titoli di Stato in circolazione vale 1.782,6 miliardi: di questi 1.651,3 miliardi sono obbligazioni a tasso fisso e 131,3 miliardi a tasso variabile. Si tratta, nel dettaglio, di 96,3 miliardi di buoni ordinari del Tesoro (bot), di 1.519,9 miliardi di buoni del Tesoro poliennali (btp), di 131,3 miliardi di certificati di credito del Tesoro (cct), di 35 miliardi di certificati del Tesoro zero-coupon (ctz).

Nel 2017 va rinnovato debito per complessivi 306,7 miliardi, 277,03 miliardi a tasso fisso e 29,7 miliardi a tasso variabile: 96,3 miliardi do bot, 156,9 miliardi di btp, 29,7 miliardi di cct e 23,7 miliardi di ctz. Nel 2018 arrivano a scadenza altri 176,8 miliardi, 150,6 miliardi a tasso fisso e 26,1 miliardi a tasso variabile: 139,3 miliardi di btp, 26,1 miliardi di cct e 11,3 miliardi di ctz. Nel 2019 i titoli in circolazione in scadenza ammontano a 172,8 miliardi, 160,1 miliardi a tasso fisso (i btp) e 12,6 miliardi a tasso variabile (i cct). Nel 2020, scadono 144,7 miliardi di bond pubblici, 129,3 miliardi a tasso fisso (i btp) e 15,3 miliardi a tasso variabile (i cct). Tra il 2021 e il 2067 arrivano a fine corsa, poi, altri 981,4 miliardi di titoli del Tesoro: 934,1 miliardi a tasso fisso (i btp) e 47,3 miliardi a tasso variabile (i cct).

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