Cassazione Penale, Sez. 3, 6 aprile 2016, n. 17202 – Omessa sicurezza contro i rischi di caduta dall’alto. D.Lgs. n. 758 del 1994
Fatto:
Il GIP presso il Tribunale di Asti, con sentenza in data 5/5/2015, dichiarava non doversi procedere nei confronti di F.D. per essere il reato in contestazione estinto ex art. 24 D.Lgs. n. 758 del 1994.
All’Imputato era contestato il reato previsto dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 111, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 159 lett. c) D.Lgs. citato, perché non estendeva adeguatamente, al fine di garantire la sicurezza contro i rischi di caduta dall’alto, il ponteggio montato per effettuare i lavori di ripassatura del tetto su un edificio a due piani (fatti accertati in Montaldo Scarampi il 28/5/2014).
Il Tribunale, dopo aver ritenuto provato il fatto nella sua materialità, evidenziava che il F.D., titolare dell’impresa EDIL ART di F.D., aveva adempiuto alle prescrizioni impartite ex art. 20 D.Lgs. n. 758 del 1994 nel termine indicato dall’autorità di vigilanza (cfr. verbale di sopralluogo S.PRE.S.A.L. ASL CN2 del 22/8/2013) e che aveva provveduto anche al pagamento previsto dall’art. 21, comma 2, D.Lgs. citato, sia pure allorché era già decorso il termine di trenta giorni dalla relativa comunicazione pervenutagli l’8/7/2014. Dovendosi ritenere che soltanto l’omessa o tardiva rimozione della situazione di rischio e pericolo nel periodo indicato dall’autorità di vigilanza consenta di affermare la penale responsabilità del datore di lavoro inadempiente, ad avviso del Giudice, una volta eliminata tale situazione, nonostante il tardivo pagamento della sanzione, non v’era alcuna ragione per escludere l’effetto estintivo del reato contravvenzionale.
Per la cassazione dell’impugnata sentenza, ricorre il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Asti con un unico motivo con il quale deduce violazione di legge (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione al D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 24) sul rilievo che il Tribunale non poteva dichiarare non doversi procedere nei confronti del F.D. per essere il reato contestato estinto in quanto, secondo un costante indirizzo giurisprudenziale di legittimità, il termine previsto dalla esaminata disposizione, per definire il procedimento con decisione di proscioglimento, ha natura perentoria e che comunque la interpretazione adottata non ha alcun fondamento normativo.
Diritto:
Il ricorso è fondato.
Nel caso di specie, attese le diverse finalità perseguite dal procedimento amministrativo e dal procedimento penale, essendo l’esaurimento del primo condizione di procedibilità del secondo, ed in mancanza di ulteriori riferimenti normativi, deve escludersi che l’adempimento delle prescrizioni nel termine assegnato dall’autorità di vigilanza, non accompagnata anche dal tempestivo pagamento della sanzione amministrativa, possa determinare comunque l’estinzione del reato in quanto il D.Lgs. n. 758 del 1994 prevede, come procedimento di trasformazione della violazione da penale ad amministrativa, sia l’ottemperanza alla prescrizione, sia il pagamento della sanzione pecuniaria che completa ed esaurisce il procedimento.
Le contravvenzioni elevate in materia di prevenzione infortuni ed igiene del lavoro, ai sensi del D.Lgs., non rientrano nel campo delle violazioni di tipo amministrativo, tant’è che non è possibile nessun tipo di rateizzazione o dilazione del pagamento della sanzione comminata ed il termine tassativo di 30 giorni per il pagamento dell’intera somma (pari ad un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa), decorrente dal giorno in cui, verificata l’ottemperanza alla prescrizione impartita, sia pervenuta al contravventore la dovuta ammissione al pagamento, non è neppure suscettibile di proroghe.
Orbene, è vero che, ai sensi dell’art. 24, comma 3, del D.Lgs. 758 del 1994, l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione effettuata con modalità diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza, oppure l’adempimento in un tempo superiore a quello indicato nella prescrizione, ma comunque congruo ai sensi dell’art. 20, comma 1, del D.lgs. citato, sono valutate ai fini dell’applicazione dell’art. 162-bis del c. p. (oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative).
Va tuttavia considerato che l’oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative di cui all’art. 162 bis c.p. integra una causa di estinzione del reato ad ammissione non vincolata in quanto il giudice può – motivatamente – respingere la domanda non solo in caso di apprezzata gravità del reato (dell’art. 162 bis , comma 4), ma anche quando ritenga la permanenza delle conseguenze dannose o pericolose del reato e, quindi, la ricorrenza di una condizione ostativa all’ammissione dell’oblazione (dello stesso art. 162 bis, comma 3), e che è richiesta la condizione che sia stata depositata una somma pari alla metà del massimo dell’ammenda prevista (Sez. 1, n. 1585 del 9/10/2015, Kundi Emese, Rv. 261976).
Nel caso di specie, pertanto, residua al contravventore il solo diritto di ripetizione della somma, tardivamente versata, determinata a titolo di sanzione amministrativa, ferma restando la possibilità di proporre, ai sensi dell’art. 162 bis c.p. e nei termini ed alle condizioni sopra ricordati, la domanda di oblazione. La sentenza pertanto va annullata con trasmissione degli atti al Tribunale di Asti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Asti. Così deciso in Roma, il 6 aprile 2016.
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