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Crisi. Unimpresa: più di 9 milioni in difficoltà, 7 famiglie su 10 al discount

Arcobaleno UnimpresaRicerca dell’associazione: raddoppiata la spesa low cost, tutti alla ricerca di sconti e promozioni. Nel frattempo cresce l’area di disagio sociale Non solo disoccupazione, diventa più larga la mappa degli italiani che fanno i conti con l’assenza di posti di lavoro:  nel bacino dei deboli 466mila persone in più. 

​Sono oltre 9 milioni gli italiani in difficoltà e la crisi costringe a inseguire sempre di più risparmi e promozioni facendo impennare la spesa low cost:​ 7 ​famiglie ​su 10 hanno provato almeno una volta discount nel 2014 confermando una tendenza cresciuta con la recessione e consolidatasi nel ​2012-​2013. La recessione ha ormai radicalmente alterato le abitudini al supermercato: il 74,3% degli italiani fa economia e così rispetto al 2013 sono più che raddoppiati gli acquisti di offerte speciali. Aumentano le persone che fanno shopping “per mangiare” nei negozi “a basso costo”. Dagli alimenti alle bevande, ma anche prodotti per la casa e abbigliamento, gli sconti fanno gola a tutti e sono la risposta fai-da-te delle persone  alla crisi. Questo il risultato di una rapporto del Centro studi di Unimpresa, che ha da un lato condotto un’indagine a campione tra i 18mila esercizi commerciali associati, e dall’altro ha calcolato, sulla base di dati Istat, l’area di disagio sociale che comprende oggi 9,21 milioni di persone.​

Cresce di quasi mezzo milione il numero degli italiani che non ce la fa. Complessivamente, adesso superano quota 9 milioni le persone in difficoltà in Italia: ai “semplici” disoccupati vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. Un’enorme “area di disagio”: ai 3 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (677mila persone) sia quelli a orario pieno (1,74 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (813mila), i collaboratori (375mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,5 milioni). Questo gruppo di persone occupate – ma con prospettive incerte circa la stabilità dell’impiego o con retribuzioni contenute – ammonta complessivamente a 6,2 milioni di unità.

MEZZO MILIONE IN PIU’ NEL BACINO DEI DEBOLI (+5%)

Il deterioramento del mercato del lavoro non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Di qui l’estendersi del bacino dei “deboli”. Il dato sui 9,21 milioni di persone è relativo al 2014 e complessivamente risulta in aumento del 5,3% rispetto al 2013, quando l’asticella si era fermata a 8,74 milioni di unità: in un anno quindi 466mila persone sono entrate nell’area di disagio sociale. Nel i disoccupati erano in totale 2,84 milioni: 1,48 milioni di ex occupati, 596mila ex inattivi e 763mila in cerca di prima occupazione. L’anno scorso i disoccupati sono risultati in aumento del 5,8% rispetto all’anno precedente (+166mila persone). In calo gli inattivi: -19mila unità (-3,2%) da 596mila a 577mila. In aumento di 51mila unità gli ex occupati da 1,48 milioni a 1,53 milioni (+3,4%). Salgono anche le persone in cerca di prima occupazione, in aumento di 134mila unità da 763mila a 897mila (+17,6%). In forte aumento anche il dato degli occupati in difficoltà: erano 5,9 milioni nel 2013 e sono risultati 6,2 milioni l’anno scorso. Una crescita dell’area di difficoltà che rappresenta un’ulteriore spia della grave situazione in cui versa l’economia italiana: anche le forme meno stabili di impiego e quelle retribuite meno pagano il conto della recessione, complice anche uno spostamento delle persone dalla fascia degli occupati deboli a quella dei disoccupati. I contratti a temine part time sono aumentati di 60mila unità da 617mila a 677mila (+9,7%), i contratti a termine full time sono cresciuti di 92mila unità da 1,65 milioni a 1,74 milioni (+5,6%). Salgono anche i contratti di collaborazione (+18mila unità) da 357mila a 375mila (+5,0%). Risultano in aumento anche i contratti a tempo indeterminato part time (+4,.%) da 2,49 milioni a 2,59 milioni (+99mila) e gli autonomi part time (+4,0%) da 782mila a 813mila (+31mila).

ACQUISTI LOW COST SALITI DEL 63%

Quanto all’analisi sui discount, si confermano i risultati delle precedenti rilevazioni ​che avevano fatto emergere una crescente tendenza delle famiglie a risparmiare con gli acquisti.

Nel carrello della spesa degli italiani, secondo quanto emerge dalla ricerca di Unimpresa, finiscono con sempre maggiore frequenza rispetto al passato prodotti offerti sugli scaffali con sconti, specie quelli con ribassi dei prezzi superiori anche oltre il 30% rispetto al listino ufficiale. Gli acquisti low cost nel 2014 sono cresciuti del 6​3%. Lo studio conferma e mette in luce, dunque, una  tendenza in atto da tempo, peraltro già rilevata negli ultimi anni dall’associazione. Confermato il dato più rilevante, secondo cui l’attenzione alle offerte speciali porta i consumatori a fare una vera e propria “incetta” di beni a basso costo: i cittadini sono diventati super esperti dei volantini, puntano le promozioni e nelle buste della spesa finisce solo quanto è proposto in offerta, mentre restano sugli scaffali dei supermercati e dei piccoli negozi su strada tutti gli altri prodotti. Obiettivo che si raggiunge soprattutto con la lettura ormai quotidiana di volantini: gli italiani li leggono sempre di più alla ricerca di sconti e prezzi bassi.

LONGOBARDI: “BONUS 80 EURO NON FUNZIONA, SERVE TAGLIO STRUTTURALE TASSE”

“Il bonus da 80 euro in versione una tantum non ha funzionato. Avremmo preferito un intervento sull’Ipref strutturale perché altrimenti non è sicuro che ci siano benefici per la ripresa” dice il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Al governo di Matteo Renzi abbiamo riconosciuto, nei mesi iniziali, un approccio diverso rispetto al passato. Il consenso attorno a questo esecutivo è sembrato importante e forse ora sta per essere sprecato. Serve una cura da cavallo – aggiunge Longobardi – per far ripartire l’economia. Giù le tasse, subito. Senza indugi o tentennamenti di sorta. Quanto al mercato del lavoro, aspettiamo gli effetti del Jobs Act, che si vedranno a partire da giugno, ma i 250.000 contratti a tempo indeterminato che abbiamo previsto non saranno tutti nuovi posti di lavoro perché le nuove norme sull’articolo 18 saranno utilizzate anche per sanare il cosiddetto nero e per convertire i contratti a tempo”.​

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