Crisi. Unimpresa, per 3 pmi su 5 ripresa è miraggio e 2015 incerto
Sondaggio dell’associazione sull’anno appena iniziato: il 62% delle aziende non vede prospettive positive e miglioramenti della situazione economica. Il presidente Longobardi: “Le due parole magiche sono credito e tasse, il governo parta da qui”.
Nessuna prospettiva concreta di miglioramento né indicazioni particolarmente positive: per il 62% delle micro, piccole e medie imprese italiane, il 2015 non rappresenterà la svolta per il rilancio dell’economia. Non ci saranno salti di qualità sul versante della produzione e nemmeno sul fronte dell’occupazione: i 12 mesi appena iniziati, pertanto, si preannunciano critici ed estremamente incerti con l’uscita dal tunnel della recessione ancora lontana. Questi i risultati principali di un sondaggio realizzato dal Centro studi di Unimpresa, nella prima settimana di gennaio, fra le 122.000 aziende associate.
Più di 3 pmi su 5, dunque, ritengono la ripresa è un vero e proprio miraggio. A deprimere le previsioni delle aziende associate a Unimpresa sono sia i dati congiunturali, che continuano a segnalare un quadro non brillante nell’Unione europea, sia le indicazioni e le stime per il prossimo futuro, che fanno intravedere solo sporadicamente segnali positivi. Più nel dettaglio,
sono diversi i motivi che mettono in ansia gli imprenditori del nostro Paese: problemi con le banche per la concessione di credito, difficoltà nel rispettare scadenze e adempimenti fiscali, ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione, mancati incassi da clienti privati, impossibilità di pianificare investimenti, scarsa flessibilità nel gestire l’occupazione nonostante la riforma contenuta nel cosiddetto jobs act. Un mix di fattori che fa prevedere un anno ancora assai complesso per l’economia italiana.
La crescita economica raggiunta dagli Stati Uniti d’America non è ritenuta un fattore determinante. Per quanto riguarda le esportazioni, si confida sulll’attuale quotazione dell’euro, con il peso sceso sensibilmente specie in rapporto al dollaro Usa. Una bassa valutazione della moneta unica potrebbe favorire gli operatori che hanno una quota consistente del fatturato legata all’export, ma i vantaggi consequenziali all’andamento valutario potrebbero non bastare a dare slancio agli ordinativi. A frenare una crescita della produzione e quindi delle vendite sono anche in questo caso le voci “italiane”: la spesa energetica, il costo del lavoro, la pressione fiscale, la burocrazia, le infrastrutture, il credito bancario.
Longobardi: “Governo deve varare una cura shock”
“Non siamo ancora usciti da una fase drammatica per la nostra economia, siamo ancora alle prese con una delle più forti recessioni della storia, servono ben altre misure per mettere le famiglie e le imprese in condizione di guardare con fiducia al futuro. La legge di stabilità per il 2015 proposta dal governo e poi varata dal Parlamento non contiene l’auspicata cura shock, necessaria per la ripresa: va messo sul tavolo un serio piano volto alla riduzione del carico fiscale e va riattivato il motore del credito bancario, agendo in maniera più incisiva su forme di garanzia pubblica” osserva il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Credito e tasse sono le due parole magiche che speriamo possano diventare la stella polare per il governo di Matteo Renzi” aggiunge Longobardi.
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